Stralci dall'appello della Sapienza Occupata per l'autoriforma
L'Onda prepara la grande mareggiata
Abbiamo attraversato settimane di intensa mobilitazione, che hanno visto la partecipazione di migliaia di studenti e precari di tutte le università, nelle occupazioni, nelle manifestazioni spontanee, nei blocchi dei nessi produttivi nelle città. La parola d'ordine, che ha viaggiato con la rapidità della propagazione delle onde, «Noi la crisi non la paghiamo!», è l'espressione di un'intelligenza collettiva che si forma nelle lotte ed esprime completa il rifiuto a pagare i costi della crisi globale. Da più di un mese assistiamo al crollo sistematico delle borse mondiali, preludio alla vera crisi, quella dell'economia reale (...)
L'Onda prepara la grande mareggiata
Abbiamo attraversato settimane di intensa mobilitazione, che hanno visto la partecipazione di migliaia di studenti e precari di tutte le università, nelle occupazioni, nelle manifestazioni spontanee, nei blocchi dei nessi produttivi nelle città. La parola d'ordine, che ha viaggiato con la rapidità della propagazione delle onde, «Noi la crisi non la paghiamo!», è l'espressione di un'intelligenza collettiva che si forma nelle lotte ed esprime completa il rifiuto a pagare i costi della crisi globale. Da più di un mese assistiamo al crollo sistematico delle borse mondiali, preludio alla vera crisi, quella dell'economia reale (...)
In Italia la risposta del governo è chiara: racimolare soldi tagliando indiscriminatamente la spesa pubblica per sostenere il sistema bancario. La legge 133 prevede infatti una serie di provvedimenti volti a "razionalizzare e ridurre la spesa e il debito pubblico". Tra i settori che più vengono colpiti da tagli e privatizzazioni ci sono scuole, università e ricerca. Infatti, insieme alla drastica riduzione del personale, si prevede la possibilità per gli atenei di trasformarsi in fondazione di diritto privato, cancellando così il carattere pubblico dell'istruzione come sancito dalla Costituzione (...)
Noi la crisi non la paghiamo! Significa in primo luogo la richiesta di abrogazione delle leggi 133 e 137, in quanto strumenti principali di dismissione di scuola ed università. Occorre ora continuare ad immaginare una nuova analisi adeguata alla controffensiva proposta dal governo proprio in questi ultimi giorni. Le linee guida dell'ultimo decreto Gelmini sull'università, aldilà delle presunte "astuzie" comunicative, ci consegnano il quadro più complessivo del tentativo di riforma: differenziare i finanziamenti per gli atenei, usare la retorica del merito per dequalificare i saperi e costruire gerarchie nel mercato del lavoro, imporre una presunta logica dell'efficienza produttiva per innalzare le rette, rafforzare i numeri chiusi e introdurre i prestiti d'onore, ovvero quel meccanismo del debito che sostanzia i processi di finanziarizzazione del welfare, così come la loro crisi (...)
Di fronte a questo programma, la proposta di copertura delle borse di studio per gli idonei non vincitori, è una magra consolazione, il tentativo di un governo in profonda crisi di avanzare una mediazione minima, nel tentativo di innalzare una flebile diga per arginare qualcosa di molto travolgente. Questo qualcosa si chiama onda anomala. L'assemblea nazionale del 15 e il 16 novembre sarà un'occasione di discussione importante per tutte le facoltà e gli atenei in mobilitazione, non solo per intensificare la critica rispetto alla legge 133 e ai futuri sviluppi delle politiche di governo, ma soprattutto per concepire una prima discussione che si ponga come obiettivo quello di garantire l'estensione e la durata di questo movimento (...)
Si tratta allora di progettare un'autoriforma, cioè di dar vita non solo ad un'assemblea programmatica, ma ad un momento costituente, in cui tutti insieme definire una proposta di riforma possibile per l'università. Criticare il definanziamento e il progetto di dismissione del sistema formativo significa infatti non attestarsi alla conservazione dell'università esistente, come l'abbiamo vissuta fino ad adesso, perché quell'università è il luogo di moltiplicazione della precarietà, di dequalificazione dei saperi, della subordinazione al potere baronale. La sfida, ben più radicale, è di individuare le tracce progettuali attraverso cui trasformare l'università, non in un più o meno lontano futuro ma nel presente.
L'unica riforma possibile è quella che abbiamo già iniziato a praticare, come studenti, ricercatore e dottorandi, il sapere vivo che anima i diversi settori della formazione. L'autoriforma è per noi l'affermazione concreta di quell'esercizio di libertà collettiva che stiamo conquistando, la pretesa minima di un movimento che già si sta esprimendo in tutta la propria indipendenza e irrapresentabilità da partiti e sindacati. Rifiutare di delegare ad altri la decisione sull'università, significa cominciare a definire linee di autonormazione attraverso cui far vivere un nuovo modello della formazione. L'autoriforma è infine il modo per continuare ad agire, come stiamo già facendo, all'altezza e oltre la crisi, per costruire tutti insieme un campo nuovo di possibilità dentro e fuori le università, continuando a propagare e ad organizzare le onde. Perché il tempo della trasformazione è qui e comincia ora. Anzi, è già cominciato.
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